Le attività di ricerca dell'ISP si svolgono, anche se non esclusivamente, in Antartide e in Artico dove neve e ghiaccio sono l’aspetto dominante del paesaggio. Queste regioni, più di altre, risentono dei cambiamenti climatici in atto: conoscere al meglio la storia del nostro pianeta al fine di comprendere come le attività umane, dalle origini delle prime civiltà fino ai giorni nostri, abbiano influenzato gli ecosistemi, interagendo e modificando anche i delicati equilibri che governano il sistema climatico terrestre, è la sfida che abbiamo di fronte. La storia racchiusa e conservata nel ghiaccio e, andando ancora più indietro nel tempo, nei sedimenti, anche in tempi precedenti alla comparsa dell’uomo, è un tema importante affrontato dai ricercatori dell’ISP.
Testimoni, spesso muti, di questi cambiamenti sono anche le comunità biologiche polari: su di loro l’impatto antropico può essere devastante. Diventa fondamentale migliorare le nostre conoscenze sul loro stato attuale per poterne comprendere l’evoluzione anche in vista di future missioni di ricerca nello spazio. Infatti, alcuni habitat polari rappresentano un importante laboratorio terrestre per studi astrobiologici.
Tutte queste attività, e molte altre, vengono approfondite nelle aree tematiche che caratterizzano l’istituto.
Cambiamenti ed evoluzione dei sistemi polari: processi, meccanismi di feedback ed interazioni a scala globale
Il sistema Terra è altamente interconnesso. Le attività di ricerca dell’area tematica sono finalizzate ad approfondire la conoscenza dei processi e delle interazioni tra le diverse componenti del sistema climatico e a valutarne le risposte ai cambiamenti globali. Una comprensione più solida ed olistica del sistema polare è necessaria per orientare le future decisioni di politica climatica.
Lo studio delle caratteristiche dell’atmosfera polare è fondamentale per poter studiare i cicli biogeochimici di specie chimiche naturali, i processi di trasporto a lunga distanza degli inquinanti e dei composti clima-alteranti e i meccanismi di feedback innescati dal riscaldamento atmosferico e dall’interazione dell’atmosfera con la criosfera e gli oceani.
La criosfera costituisce una porzione alquanto fragile del sistema Terra, resa ancora più vulnerabile dai cambiamenti climatici. Lo studio di neve e ghiaccio, della loro composizione chimica, della loro estensione reale, nonché dei principali parametri fisici, dell’evoluzione del permafrost e l’impatto che la crescente degradazione ha su atmosfera, biosfera e idrosfera sia a livello regionale che globale viene portato avanti con attività di ricerca multidisciplinari ed interconnesse.
L’idrosfera è in gran parte costituita dagli oceani che influenzano il sistema Terra in tutte le aree, immagazzinando e ridistribuendo acqua dolce, calore, gas clima-alteranti e altre sostanze particolate e disciolte. Le ricerche oceanografiche supportano previsioni più accurate sugli impatti globali grazie allo studio delle proprietà chimico-fisiche dei mari e degli oceani, dei loro movimenti, degli scambi energetici con l’atmosfera, degli organismi che vi vivono e la struttura geologica dei bacini oceanici. Gli ambienti limnologici polari sono studiati sia per essere sentinelle per i cambiamenti climatici sia per lo studio delle risposte delle loro corte reti trofiche ai cambiamenti stessi, incluse le perturbazioni antropiche.
Gli ecosistemi polari sono un'importante riserva di risorse naturali e possono in parte mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici da cui sono minacciati oggigiorno. Lo studio della biodiversità e della resilienza ai cambiamenti globali con un approccio ecosistemico, che integri l'influenza dei fattori ambientali, le relazioni interspecifiche a livello di comunità e gli aspetti socio-economici è una sfida per una gestione efficace e sostenibile delle risorse naturali.
Principali settori ERC:
• LS8 - Ecology, Evolution and Environmental Biology
• PE4 - Physical and Analytical Chemical Sciences
• PE10 - Earth System Science
• SH2 - Institutions, Values, Environment and Space
• SH7 - Human Mobility, Environment, and Space
Referenti: Nicoletta Ademollo, Maurizio Azzaro, Fabiana Corami, Federico Giglio e Stefania Gilardoni
Contatto: info-polarchanges AT isp.cnr.it
Sottotematiche
L’atmosfera come matrice ambientale si rivela mezzo di rapida dispersione globale dei composti clima-alteranti e degli inquinanti. Grazie alle sue caratteristiche di stabilità ed inversione termica e alla presenza del vortice polare, l’atmosfera polare è l’osservatorio ideale per poter valutare gli scambi di energia e le interazioni di vari fenomeni con la circolazione atmosferica, anche a differenti scale spazio-temporali, i trasporti verso le alte latitudini, la composizione dell’aerosol e i cicli biogeochimici delle specie chimiche naturali ed inquinanti presenti. L’atmosfera è caratterizzata da diversi composti; tra questi hanno rilevante interesse i composti clima-alteranti, ovvero i gas serra che incidono sul bilancio energetico e termico della Terra e gli aerosol atmosferici.
Gli aerosol atmosferici hanno un ruolo chiave nei cambiamenti climatici indotti dall’uomo poiché influenzano il bilancio radiativo del pianeta (assorbimento e scattering della radiazione solare e l’albedo superficiale) e la formazione e proprietà delle nubi. In particolare, gli aerosol atmosferici influenzano ed amplificano i cambiamenti climatici. Il particolato atmosferico è costituito da particelle di origine naturale (eruzioni vulcaniche, incendi, emissioni oceaniche, risospensione delle polveri del suolo) e da particelle di origine antropica (emissioni industriali, processi di combustione, micro e nanoplastiche). È ’quindi fondamentale individuare traccianti chimici, biochimici e biologici per studiare l’origine e la composizione degli aerosol polari e comprenderne i feedback climatici. Sebbene presenti in tracce, composti organici, black carbon, sea salt e microplastiche (< 100 µm) possono agire da nuclei di condensazione delle nubi, influenzando così l’albedo e le precipitazioni, nonché il bilancio della radiazione e il clima. Black carbon, microplastiche e polveri (dust) potrebbero inoltre agire come ice nucleating particles. La presenza di queste particelle in atmosfera e nel ghiaccio marino ha non soltanto un impatto sull’albedo, ma può anche alterare la permeabilità del ghiaccio marino e l'assorbimento della radiazione solare con un feedback sulla fusione dei ghiacci marini. In un’area polare in rapida evoluzione come l’Artico, l’inquinamento da microplastiche si aggiunge agli effetti del cambiamento climatico in termini di fonti, processi di trasporto, feedback e conseguenze ecologiche. Altri stressori presenti negli aerosol atmosferici possono essere i composti organici mediamente volatili, i composti idrosolubili, i composti fenolici e gli elementi in traccia.
La presenza di stressori chimici influenza le dinamiche fisiche dell’atmosfera, principalmente attraverso l’interazione con la radiazione sia solare che terrestre, contribuendo ad amplificare l’aumento della temperatura dell’aria, che a sua volta ha un impatto sullo scioglimento del ghiaccio marino, sull’umidità, sulla nuvolosità e sulle precipitazioni, influenzando significativamente il sistema climatico. Il monitoraggio dei parametri e dei processi fisici e delle dinamiche dell’atmosfera, attraverso l’utilizzo di diverse metodologie di misura (compreso il telerilevamento), è fondamentale per l’approfondita comprensione delle sinergie tra le varie componenti e per sviluppare dei modelli previsionali meteo-climatici sempre più efficienti. Per migliorare la qualità dei risultati dei modelli di previsione meteorologici e climatici è necessario studiare approfonditamente tutti i processi che caratterizzano lo strato limite atmosferico.
Principali settori ERC:
• LS8 - Ecology, Evolution and Environmental Biology
• PE4 - Physical and Analytical Chemical Sciences
• PE10 - Earth System Science
• SH2 - Institutions, Values, Environment and Space
• SH7 - Human Mobility, Environment, and Space
L'Anthropocene è un'unità di tempo geologica nuova, sebbene non ufficiale, usata per descrivere il periodo più recente nella storia della Terra, quando l'attività umana ha iniziato ad avere un impatto significativo sul clima e sugli ecosistemi del pianeta. l'Antropocene è anche un periodo caratterizzato da un livello tecnologico senza precedenti che ci consente di misurare variabili essenziali del sistema climatico (ECV) ad alta risoluzione temporale (e.g. satelliti) e di prevedere scenari climatici futuri utilizzando supercomputer all'avanguardia basati sugli Shared Socioeconomic Pathways (SSPs). Tuttavia, le misure strumentali esistono solo dalla metà del XX secolo mentre le simulazioni sono limitate nel tempo a pochi secoli. Pertanto, non è chiaro se i cambiamenti documentati e previsti facciano parte della variabilità naturale a lungo termine del sistema climatico. A questo proposito, gli archivi climatici come le carote di ghiaccio, le carote di sedimenti marini/lacustri, i coralli, gli speleotemi e gli anelli degli alberi offrono una prospettiva straordinaria dell'evoluzione climatica del passato e, quindi, rappresentano un punto di riferimento fondamentale per inquadrare i cambiamenti climatici in corso all’interno di un contesto più ampio di variabilità climatica naturale a lungo termine. In particolare, il clima passato è caratterizzato da importanti eventi climatici che possono essere utilizzati come esempi (non necessariamente analoghi) per valutare la velocità dei cambiamenti naturali e comprendere le interazioni tra le componenti critiche del sistema clima, comprese le sue forzanti esterne e interne. Pertanto, la paleoclimatologia è un campo di ricerca fondamentale per lo studio dell'Antropocene in quanto fornisce informazioni su come funziona il sistema climatico terrestre e su come potrebbe cambiare in futuro. Attraverso il paleoclima si può quindi migliorare i modelli climatici riducendo le incertezze sulle proiezioni future.
Gli archivi naturali della storia del clima passato sono pilastri per i paleoclimatologi in quanto rappresentano letteralmente macchine del tempo. Gli scienziati cercano indizi di eventi passati in questi record come indicatori biologici, geochimici e sedimentari utilizzati per la quantificazione empirica dei parametri climatici e ambientali, un aspetto generalmente indicato come proxy. Ogni tipo di archivio ha i suoi vantaggi e svantaggi. Pertanto, i paleo-studi ottengono migliori risultati dall'integrazione di archivi complementari per avere una visione interdisciplinare su come funziona il sistema climatico.
Principali settori ERC:
• PE4_5 - Analytical chemistry
• PE4_18 - Environment chemistry
• PE10_1 - Atmospheric chemistry, atmospheric composition, air pollution
• PE10_3 - Climatology and climate change
• PE10_6 - Palaeoclimatology, palaeoecology
• PE10_8 - Oceanography (physical, chemical, biological, geological)
• PE10_9 - Biogeochemistry, biogeochemical cycles, environmental chemistry
• PE10_11 - Geochemistry, cosmochemistry, crystal chemistry, isotope geochemistry, thermodynamics
• PE10_18 - Cryosphere, dynamics of snow and ice cover, sea ice, permafrosts and ice sheets
Referenti: Andrea Spolaor, Tommaso Tesi
Contatto: info-paleoclimate AT isp.cnr.it
Sottotematiche
Le carote di ghiaccio sono degli archivi ambientali utilizzati per ricostruire il clima passato. Un vantaggio delle carote di ghiaccio e quella di poter estrarre informazioni con alta risoluzione temporale, al punto tale che in alcuni casi è possibile descrivere anche le oscillazioni climatiche stagionali. Le carote di ghiaccio vengono prelevate sia da ghiacciai alpini che dalle calotte glaciali dove le temperature siano sufficientemente basse (inferiori ai 0°C) durante tutto l'anno permettono alle deposizioni nevose di essere preservate, accumularsi e creare una serie stratigrafica. Le carote di ghiaccio recuperate in Antartide e in Groenlandia, grazie al basso accumulo nevoso ed alle basse temperature, possono contenere informazioni climatiche degli ultimi 800000 e 125000 anni rispettivamente Tuttavia, importanti informazioni climatiche possono essere estratte anche dai ghiacciai non polari, come quelli delle regioni alpine, andine e dell'Himalaya. Tra le informazioni climatiche, le analisi delle carote di ghiaccio possono fornire informazioni sulle temperature del passato, sul vulcanismo, sull’intensità dei venti, sulle precipitazioni, sull'aridità, sull'attività solare, sui cambiamenti dei cicli biogeochimici e sulla composizione dell'atmosfera. In particolare, le carote di ghiaccio sono preziosi archivi paleoclimatici per la composizione atmosferica del passato. Il ghiaccio infatti è in grado di preservare i composti chimici e la loro abbondanza presenti in atmosfera e depositati tramite le deposizioni nevose nonché la concentrazione di gas che vengono intrappolati nelle bolle d’aria presenti nel ghiaccio stesso. Dalle carote di ghiaccio si possono inoltre studiare le proprietà fisiche degli strati di ghiaccio e della massa glaciale.
Le principali attività dell'area tematica Osservazione della Terra (OT) e modellistica degli ecosistemi polari sono: remote e proximal sensing, analisi spaziali, cartografie tematiche e organizzazione della conoscenza geografica ed ambientale. L’attività è incentrata su tre pilastri metodologici principali, e sulla loro integrazione: metodi osservativi da remoto e in loco, organizzazione delle informazioni a supporto della conoscenza, rappresentazione tramite modelli numerici e concettuali.
L’investigazione scientifica ha per oggetto le risposte degli ecosistemi polari, anche attraverso il confronto con le diverse fasce climatiche, alle variazioni della temperatura dell'aria e del mare, i cambiamenti delle calotte polari, le variazioni del livello del mare e dell’estensione, persistenza e spessore del manto nevoso e dei ghiacci, l’evoluzione del permafrost, i processi di erosione ed accrescimento costieri, il rilascio e la segregazione di gas clima-alteranti ed i cicli biogeochimici, la biodiversità. Le metodologie osservative mirano a rilevare dinamiche ambientali e climatiche a differenti scale spaziali e temporali attraverso l’individuazione e lo studio di molteplici variabili essenziali e le loro interazioni sia biologiche che geofisiche, integrando le informazioni delle diverse piattaforme. Il confronto continuo consente di integrare i modelli spaziali ed ecologici con i dati osservativi.
L’area ha un gruppo dedicato all’organizzazione della conoscenza terminologica multilingue, thesauri e metadati a supporto della descrizione del dato e dell’informazione ambientale, con focus sugli ambienti polari. L’area tematica sviluppa, in accordo con i principi FAIR (Findable Accessible Interoperable Reusable), catene di dati e prodotti a sostegno dello studio di sistemi terrestri, acquatici e della criosfera e lo sviluppo di GIS interoperabili, cartografia tematica e servizi operativi. Nella foto a sinistra il Ghiacciaio Spegazzini (Parco Nazionale Los Glaciares, Santa Cruz, Argentina, Gennaio 2010), assieme ai ghiacciai Upsala e Perito Moreno, alimenta il Lago Argentino nel Parco Nazionale Los Glaciares. In questa foto è visibile la fronte del ghiacciaio di tipo calving, caratterizzata da abbondanti seracchi, che possono raggiungere 135 m di altezza.
Principali ERC panels:
• LS8 - Environmental Biology, Ecology and Evolution
• PE10 - Earth System Science
• SH7 - Human Mobility, Environment, and Space
• SH2 - Institutions, Values, Environment and Space
Referenti: Francesco De Biasio, Francesco Filiciotto, Emiliana Valentini, Matteo Zucchetta,
Contatto: info-observation AT isp.cnr.it
Sottotematiche
Caratterizzazione della colonna atmosferica tramite tecniche di telerilevamento e studio dell’aerosol all’interfaccia con il suolo, utilizzo dei dati di OT e loro validazione con misure da terra. Chimica dell’atmosfera, microchimiche e microfisiche clima-alteranti (utilizzo di prodotti tematici di emissioni da incendi e di inquinamento atmosferico); fisica dell’atmosfera tramite misure puntuali presso osservatori permanenti in aree polari e di alta quota, sia fissi che mobili (navi); bioaerosol e sua composizione quali-quantitativa. Studio della struttura spaziale del vento sul mare a varie risoluzioni (da decine di km a 500 m) ottenuto attraverso rilevazioni di echi radar dalla superficie marina e immagini satellitari SAR (Synthetic Aperture Radar), integrate con tecniche di intelligenza artificiale in un confronto continuo con verità a terra e modellistica numerica.
Le attività di ricerca svolte nell’ambito dell’Area Tematica Contaminanti e Ecosistemi sono finalizzate allo studio delle sorgenti, dinamiche di trasporto, diffusione e destino di contaminanti normati ed emergenti, incluse le micro/nano plastiche e gli elementi in traccia, negli ecosistemi polari. Tali ecosistemi sono particolarmente sensibili alle perturbazioni esterne, quali le attività antropiche e il cambiamento climatico. Di fatto, le regioni polari costituiscono il serbatoio finale di molti inquinanti emessi alle medie latitudini e trasportati su scala regionale e globale (a lungo raggio) tramite la circolazione atmosferica, oceanica e gli animali migratori: tutti drivers influenzati dal cambiamento climatico in corso. Il riscaldamento globale ha favorito, inoltre, un crescente impatto antropico nelle aree polari a causa dello sviluppo di attività turistiche, di estrazione mineraria e del traffico marittimo con conseguente incremento dell’input locale di contaminazione, incluso l’inquinamento acustico.
Gli effetti diretti ed indiretti di questi cambiamenti combinati alle diverse dinamiche di contaminazione stanno causando la frammentazione e la distruzione degli habitat, l’alterazione delle reti trofiche acquatiche e terrestri, nonché perdita di diversità con ripercussioni anche sulle popolazioni artiche.
In tale contesto, la multidisciplinarietà delle competenze che convergono in questa Area Tematica costituisce un requisito indispensabile per la comprensione degli effetti dovuti all’impatto antropico e al cambiamento climatico negli ecosistemi polari seguendo un approccio One Health e mirando ad una gestione sostenibile di questi ambienti vulnerabili nel prossimo futuro.
Le principali linee di indagine si possono ricondurre ai seguenti ambiti: messa a punto e ottimizzazione di metodi analitici altamente sensibili per la rilevazione degli inquinanti nei comparti ambientali abiotici e biotici, comprensione dei processi di trasporto e distribuzione negli ecosistemi, valutazione delle interazioni con la sfera biologica e degli effetti ecologici, studio delle capacità degli ecosistemi di adattarsi e rispondere alla contaminazione.
Principali settori ERC:
• LS8 - Environmental Biology, Ecology and Evolution
• PE4 - Physical and Analytical Chemical Sciences
• PE10 - Earth System Science
Referenti: Elena Barbaro, Maria Papale, Luisa Patrolecco, Francesca Spataro
Contatti: info-impacts AT isp.cnr.it
Sottotematiche
Dallo sviluppo di metodi analitici allo studio dei processi ambientali
Nonostante l'isolamento geografico e la limitata presenza di insediamenti umani, le aree polari sono fortemente influenzate da fenomeni di trasporto a lunga distanza che portano alla dispersione in questi ambienti di inquinanti emessi nelle basse e medie latitudini, oltre che su scala locale. La ricerca scientifica ha permesso di raccogliere serie temporali di dati a lungo termine sulla presenza di metalli pesanti e contaminanti organici persistenti (POPs) in Artico; tuttavia, non esistono ancora programmi di monitoraggio sistematico di tali composti in Antartide.
Più recentemente, l’attenzione si è focalizzata su nuove classi di contaminanti, definiti emergenti, in quanto non ancora inclusi nelle attuali normative ed i cui effetti sugli organismi e sull’ambiente non sono del tutto noti. La determinazione della presenza di tali sostanze nell’ambiente e la valutazione dei loro effetti sugli ecosistemi costituisce un’importante sfida scientifica, considerando la continua produzione di nuovi formulati e le diverse proprietà chimico-fisiche che li caratterizzano. Poiché molti di essi sono molecole bioattive con possibili effetti dannosi sugli organismi e sull’ambiente anche a basse concentrazioni, lo sviluppo di adeguati programmi di monitoraggio risulta di cruciale importanza. Il Programma di Monitoraggio e Valutazione dell'Artico (AMAP) ha indicato che il rischio dovuto alla presenza di inquinanti chimici emergenti ma anche dei più studiati POPs e mercurio ai poli è ancora molto elevato. Pertanto, risulta di interesse prioritario approfondire lo stato di conoscenza di tale tematica nelle aree polari.
Le principali attività di ricerca riguardano:
• Ottimizzazione, standardizzazione di metodi analitici per l’analisi di inquinanti normati (es. IPA, PCB, PBDE, pesticidi organo-clorurati etc.), emergenti (es. residui farmaceutici, fragranze, composti perfluorurati, pesticidi di nuova generazione etc.) e loro metaboliti/prodotti di trasformazione. Analisi suspect screening (eseguita quando vi sono prove/informazioni che una data struttura potrebbe essere presente nei campioni) e non-target screening (analisi di tutte le componenti rilevate, quando non sono disponibili informazioni preliminari).
• Sviluppo di metodi di speciazione chimica per l’identificazione di specie biologicamente attive o di specie prodotte da reazioni fotochimiche.
• Monitoraggio in continuo e a lungo termine di contaminanti organici e inorganici trasportati dalle correnti atmosferiche e oceaniche tramite piattaforme permanenti.
• Studi di bioconcentrazione/biomagnificazione nella rete trofica (screening assessment); valutazione dei profili di suscettibilità agli antibiotici di ceppi batterici isolati da acqua/sedimento.
• Monitoraggio, in situ e in real-time di inquinanti organici e inorganici attraverso l’utilizzo di biosensori.
• Sviluppo e applicazione dell’analisi metabolomica in matrici ambientali per lo studio dei processi degradativi che determinano la produzione di metaboliti potenzialmente inquinanti; tale approccio permette di identificare la presenza di inquinanti non noti e di metterli in relazione con i processi biologici in atto nel sistema.
• Studi in scala di laboratorio (microcosmo e batch) per valutare i processi di degradazione (calcolo del DT50) biotica e abiotica (chimica e fisica), formazione di metaboliti e prodotti di trasformazione, e bioaccumulo in organismi target (specie vegetali ed animali).
• Ottimizzazione, standardizzazione e validazione di biotecnologie innovative per il bio-risanamento e la bio-mitigazione di matrici ambientali impattate da differenti tipologie di inquinanti (organici e inorganici) direttamente in situ.
Principali settori ERC:
• PE4_5 - Analytical chemistry
• PE4_7 - Chemical instrumentation
• PE4_9 - Method development in chemistry
• PE4_18 - Environment Chemistry
• PE10_1 - Atmospheric chemistry, atmospheric composition, air pollution
• PE10_8 - Oceanography (physical, chemical, biological, geological)
• PE10_9 - Biogeochemistry, biogeochemical cycles, environmental chemistry
• PE10_17 - Hydrology, hydrogeology, engineering and environmental geology, water and soil pollution
L’Area Tematica Bioscienze si occupa dello studio della biosfera in ambito polare a diversi livelli di complessità biologica, dalle molecole agli ecosistemi e fino ai biomi. In particolare, l’attenzione si concentra sulla descrizione e quantificazione della biodiversità degli organismi che abitano gli ambienti polari, allo scopo di valutarne la complessità a livello strutturale e funzionale. A questo proposito, vengono valutati scenari di shift di popolazioni, cambiamento della biodiversità e dei processi biogeochimici derivanti dal cambiamento climatico e dall’impatto antropico. L’interesse principale è focalizzato sulle interazioni tra aspetti biologici ed ecologici e i processi abiotici e, in particolare, sul ciclo del carbonio e i flussi di energia negli ecosistemi delle regioni polari. Ulteriori campi di indagine riguardano la ricerca di biomolecole di origine microbica, la capacità dei microrganismi polari di degradare contaminanti organici e gli aspetti astrobiologici legati alla vita in ambienti estremi.
I temi centrali delle ricerche svolte nell’ambito dell’Area Tematica Bioscienze sono (1) organizzazione strutturale e funzionale degli ecosistemi polari e dinamiche di popolazioni e comunità; (2) risposta di individui, popolazioni e comunità ad influenze esterne di origine climatica ed antropica (inclusi perdita e frammentazione di habitat, prelievo, estrazione, inquinamento, etc.); (3) risvolti biotecnologici derivanti dall’adattamento alle basse temperature e/o altri fattori fisico-chimici.
Gli obiettivi di ricerca includono:
• lo studio della diversità strutturale e funzionale e l'ecofisiologia degli organismi polari, per fare luce sui limiti dell’adattamento, anche in relazione al cambiamento climatico e all’impatto antropico;
• lo studio della biogeochimica e l'ecologia in habitat marini e terrestri ai Poli, inclusi i fattori ambientali che controllano le interazioni biologiche;
• la stima del potenziale biotecnologico di organismi adattati alla vita a bassa temperatura e/o altri fattori fisico-chimici;
• la comprensione del comportamento e dell’evoluzione degli ecosistemi polari, mediante analisi spazio-temporali dei processi ecologici;
• gestione e conservazione delle risorse marine polari (management);
• confronto fra trends osservati in aree polari e medie latitudini.
Principali settori ERC:
• LS8 - Environmental Biology, Ecology and Evolution
• LS9 - Biotechnology and Biosystems Engineering
• PE10 - Earth System Science
Referenti: Angelina Lo Giudice, Mario La Mesa, Cairns Warren Raymond Lee
Contatto: info-biosciences AT isp.cnr.it
Sottotematiche
Le comunità biologiche polari sono generalmente sottoposte all’influenza di diversi fattori concomitanti alla bassa temperatura, quali disidratazione, copertura di ghiaccio, scarsa disponibilità di nutrienti, esposizione a radiazioni solari nocive (ad esempio radiazioni UV-B), fotoperiodi estremamente variabili e, in casi specifici, elevate salinità e stress osmotico. La biodiversità garantisce il funzionamento di tutti gli ecosistemi, per cui studiare le proprietà e l’evoluzione temporale degli ecosistemi polari costituisce uno strumento di fondamentale importanza per migliorare le nostre conoscenze sullo stato attuale e per fare previsioni su scenari futuri, anche in relazione ai cambiamenti climatici. L’analisi e il monitoraggio della biodiversità delle comunità biologiche e delle loro dinamiche ecologiche costituiscono il punto focale di questa tematica di ricerca. Di particolare interesse è anche lo studio dei meccanismi di adattamento morfologico-funzionale adottati dagli organismi polari per la sopravvivenza in condizioni estreme. Sono inoltre considerati processi temporali e pattern spaziali di greening quale risposta all’approfondimento dello strato attivo del permafrost artico, anche attraverso tecnologie di remote sensing.
La crescente impronta antropica nelle regioni polari, già rese vulnerabili dai cambiamenti climatici in corso, può avere effetti negativi quali inquinamento, distruzione degli habitat, arrivo e proliferazione di specie invasive/aliene e sfruttamento eccessivo delle risorse. Lo studio dei livelli di contaminazione e del potenziale di bioaccumulo e biomagnificazione nella rete trofica permette di fornire informazioni integrate sull'ecosistema identificando gli hotspot in cui le specie possono essere più vulnerabili e sensibili anche alla variabilità climatica. Di interesse è anche lo studio dei processi di colonizzazione di polimeri plastici, con analisi strutturale e funzionale di biofilms microbici (plastisfera) e della loro risposta a forzanti antropiche/naturali.
Principali settori ERC:
• LS8_1 - Ecosystem and community ecology, macroecology
• LS8_2 - Biodiversity
• LS8_5 - Biological aspects of environmental change, including climate change
• LS8_12 - Microbial ecology and evolution
• LS8_13 - Marine biology and ecology
• PE10-1 - Atmospheric chemistry, atmospheric composition, air pollution
• PE10_17 - Hydrology, hydrogeology, engineering and environmental geology, water and soil pollution
Ice Memory è un progetto di ricerca internazionale, riconosciuto dall’UNESCO, che mira a preservare una testimonianza dei ghiacciai attuali, minacciati dal riscaldamento globale, per le generazioni future. Il progetto si propone di raccogliere carote di ghiaccio dai ghiacciai di tutto il mondo e di conservarle in una «biblioteca» per preservare le informazioni che tali veri e propri archivi di epoche passate possono fornire. A questo scopo è stato predisposto un sito in Antartide dove le carote verranno trasferite e conservate per salvaguardare le informazioni in esse racchiuse per le future generazioni di scienziati.
A partire dal 2015 sono stati eseguiti vari carotaggi in diverse aree del pianeta:
- Col du Dôme, M.te Bianco, Italia
- Nevajo Illimani, Bolivia
- M.te Elbrus, Georgia
- Altai, Russia
- Grand Combin, Svizzera
Contatto: carlo.barbante AT cnr.it
Per ulteriori informazioni visita i siti https://www.ice-memory.org e https://www.icememory.it
L’atmosfera polare è caratterizzata da una forte stabilità e dalla forte inversione termica che si determina in tali regioni (la temperatura aumenta all’aumentare della quota rispetto al suolo, al contrario di quanto avviene nelle regioni a medie latitudini), entrambi fenomeni che sono conseguenza del suolo quasi perennemente congelato o coperto di neve e ghiaccio. Tale proprietà vale anche per la superficie del mare, quando ricoperta dal ghiaccio.
Un altro elemento importante dell’atmosfera polare è rappresentato dalla presenza del cosiddetto vortice polare, un moto vorticoso delle masse d’aria intorno al polo che tiene separate le masse d’aria fredda polari da quelle più calde alle medie latitudini. La conoscenza delle caratteristiche termodinamiche dell’atmosfera polare è fondamentale per poter studiare i cicli biogeochimici di specie naturali e i processi di trasporto a lunga distanza di componenti atmosferici dalle aree antropizzate.
Le attività di ricerca svolte presso ISP sono finalizzate ad approfondire la conoscenza dei processi e delle interazioni tra le diverse componenti del sistema climatico, in modo particolare alle interfacce aria-neve-suolo e aria-mare-ghiaccio marino.
Le regioni polari rappresentano un laboratorio a cielo aperto per studiare i cicli biogeochimici di specie naturali, le trasformazioni chimiche atmosferiche in un continente incontaminato, così come i processi di trasporto dalle medie e dalle basse latitudini. Diversi costituenti caratterizzano la composizione atmosferica, tra cui rivestono una notevole importanza i gas cosiddetti serra (quali il vapore acqueo, l’anidride carbonica ed il metano le cui concentrazioni sono influenzate da attività antropiche e da processi naturali), e gli aerosol. Questi ultimi costituenti hanno un impatto notevole nelle regioni polari perché contribuiscono fortemente ai processi di retroazione che amplificano i cambiamenti climatici.
L’aerosol atmosferico è composto da particelle in sospensione all'interno dell'atmosfera, che possono essere di origine naturale (tramite sollevamento ad opera dei venti di particelle da superfici denudate o desertiche, di spume marine e di particelle di origine vulcanica o legate a grandi incendi) o antropica (emissioni industriali e da combustibili). Lo studio della composizione chimica dell'aerosol antartico e artico è uno dei punti chiave nella ricerca polare. Questi studi sono eseguiti mediante l’utilizzo di specifici traccianti chimici, come ad esempio i componenti idrosolubili, gli acidi organici, gli zuccheri, i composti fenolici, gli amminoacidi, gli elementi in traccia o le terre rare. L’aerosol svolge un importante ruolo nella regolazione del clima interagendo con la radiazione solare e modificando le proprietà microfisiche delle nubi.
Gli oceani e i mari polari sono studiati nelle loro proprietà chimico-fisiche, i loro movimenti, gli scambi energetici tra oceano e atmosfera, gli organismi che vi vivono (compresa la loro ecologia e origine) e la struttura geologica dei bacini oceanici, nonché i sedimenti che vi si depositano.
ISP possiede competenze su diversi aspetti dello studio dell’oceanografia polare.
Gli oceani polari sono uno dei motori che influenzano l’intero Sistema Terra. Ai poli infatti si generano delle acque che si diffondono per tutti gli Oceani fino al polo opposto "alimentando" la Conveyor Belt. Le masse d'acqua coinvolte trasportano sia energia che sostanze disciolte, gas e particelle insolute con la conseguenza di influenzare significativamente la composizione stessa delle acque e, da ultimo, il clima terrestre. Lo studio della geochimica delle masse d’acqua polari (mediante la determinazione di elementi in traccia, di composti organici e degli isotopi stabili e radiogenici) consente di valutare i rapporti che intercorrono fra le diverse masse d’acqua (di neoformazione e/o acque “vecchie” provenienti da latitudini più basse), di comprendere i processi in atto e, per finire, di fornire i dati necessari alla creazione e all’implementazione di modelli che consentiranno di comprendere l’interazione delle diverse masse d’acqua e, più in generale, l’evoluzione del sistema climatico terrestre.
Gli ambienti polari mostrano un’elevata biodiversità sia su scala spazio-temporale sia nei diversi livelli di organizzazione biologica, dalle molecole all’intero ecosistema. I recenti e rapidi cambiamenti climatici e ambientali rendono urgente la necessità di comprendere la risposta delle comunità biologiche e l’impatto su di esse a breve e lungo termine. In questo contesto, i ricercatori dell’ISP affrontano lo studio di diversi aspetti bio-ecologici nell’ecosistema marino e terrestre di entrambi i poli. La ricerca si sviluppa su quattro campi di indagine principali a volte interconnessi tra loro.
Le comunità biologiche polari sono generalmente sottoposte all’influenza di diversi fattori concomitanti alla bassa temperatura, quali essiccamento, copertura di ghiaccio, scarsa disponibilità di nutrienti, esposizione a radiazioni solari nocive (ad esempio radiazioni UV-B), fotoperiodi estremamente variabili e, in casi specifici, elevate salinità e stress osmotico. La biodiversità garantisce il funzionamento di tutti gli ecosistemi, per cui studiare le proprietà e l’evoluzione temporale degli ecosistemi polari costituisce uno strumento di fondamentale importanza per migliorare le nostre conoscenze sullo stato attuale e per predirne il futuro, anche in relazione ai cambiamenti climatici. L’analisi e il monitoraggio della biodiversità delle comunità biologiche e delle loro dinamiche ecologiche costituiscono il punto focale di questa tematica di ricerca. Di particolare interesse è anche lo studio dei meccanismi di adattamento morfologico-funzionale adottati dagli organismi polari per la sopravvivenza in condizioni estreme.
La fusione sempre più evidente delle calotte glaciali e dei ghiacciai in generale, il conseguente cambiamento del livello del mare, la distruzione delle piattaforme glaciali mettono in evidenza come questa parte della criosfera costituisca una porzione fragile del sistema Terra. I ghiacciai sono archivi climatici unici che ci offrono l'opportunità di indagare il clima del passato e di valutare i cambiamenti in atto nella prospettiva di lunghe scale temporali. Tali cambiamenti sono però resi evidenti anche dalla fusione del permafrost che ha un drammatico impatto nelle aree polari ma anche alle medie latitudini. In questo difficile contesto di cambiamenti climatici i ricercatori dell’Istituto di Scienze Polari affrontano, con attività di ricerca tra loro interconnesse, lo studio di neve e ghiaccio, della loro composizione chimica nonché dei principali parametri fisici, l’evoluzione del permafrost e l’impatto che la crescente fusione ha su atmosfera, biosfera e idrosfera sia a livello regionale che globale.
La neve, oltre ad influenzare il bilancio di massa dei ghiacciai e delle calotte polari, riflette la composizione chimica atmosferica ed interagisce in modo dinamico con tutte le altre componenti ambientali delle regioni polari. Rappresenta una porzione della criosfera estremamente reattiva dove molteplici processi post-deposizionali possono avvenire. Lo studio del manto nevoso in tali regioni diventa quindi indispensabile per comprendere i processi, le interazioni ed i cambiamenti che esso stesso sta subendo a seguito del cambiamento climatico in atto e per valutare le ricadute sul sistema globale. È inoltre fondamentale per la comprensione dei meccanismi di ri-emissione e rilascio di composti accumulatisi durante la notte polare e l’impatto non trascurabile che tale rilascio può avere sui cicli bio-geochimici polari.
Foto di Elena Barbaro (CNR-ISP)
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