Focus

sedimenti marini profondi prelevati durante le campagne ODP utilizzati per lo studio

5 Aprile 2024

Un recente studio pubblicato su Science, condotto da un team internazionale di ricercatori che ha coinvolto l'Italia attraverso l'Istituto di Scienze Polari (CNR-ISP) e l’Istituto di Scienze Marine (CNR-ISMAR), ha dimostrato che l'oceano tropicale ha guadagnato ossigeno durante il Massimo Termico del Paleocene-Eocene (comunemente chiamato PETM). Durante questo breve intervallo di tempo nella storia della Terra, avvenuto circa 56 milioni di anni fa, le temperature medie sono aumentate fino a sei gradi in poche migliaia di anni. Simone Moretti (CNR-ISP) - DOI: /10.1126/science.adh4893

Immagine - (sedimenti marini profondi prelevati durante le campagne ODP utilizzati per lo studio. La dimensione dei gusci di foraminiferi fossili e gli isotopi dell’azoto applicati sulla loro matrice carbonatica ha mostrato una ossigenazione degli oceani durante il PET)

La strategia di sopravvivenza dei coralli tropicali al clima che cambia

22 Marzo 2024

Comprendere come i coralli rispondono al riscaldamento globale e all’acidificazione delle acque marine: questo lo scopo delle ricerche condotte da ricercatori degli Istituti di scienze polari (CNR-ISP) e di scienze marine (CNR-ISMAR), che hanno analizzato una serie di esemplari di questi preziosi organismi raccolti nelle acque dell’Oceano Pacifico.
Comunicato stampa CNR
Paolo Montagna (CNR-ISP)

Immagine - (Colonia di Porites studiata per capire i meccanismi di calcificazione dei coralli tropicali e per studi paleoclimatici (Credits: Aline Tribollet, Institut de Recherche pour le Développement)

Artico: identificati i meccanismi che controllano le concentrazioni di black carbon

20 Marzo 2024

Un nuovo studio condotto dai ricercatori del CNR-ISP in collaborazione con l’Università di Stoccolma e l’ETH di Zurigo, ha identificato i meccanismi che controllano il trasporto in Artico del black carbon, un inquinante atmosferico che contribuisce al riscaldamento climatico, stabilendo anche la variabilità delle sue concentrazioni nelle diverse stagioni polari. Il lavoro, pubblicato come highlight su Atmospheric Chemistry and Physics, pone le basi per una più approfondita comprensione dell’impatto di questo composto sul clima regionale e globale.
Comunicato stampa CNR
Stefania Gilardoni (CNR-ISP)  

DOI:/10.5194/acp-23-15589-2023  Immagine - (veduta sul fiordo dal tetto dell'osservatorio di Gruvebadet, a pochi chilometri dalla Stazione Artica Dirigibile Italia (credits Vittorio Tulli-CNR))

Attività di campionamento sul sito di studio dell'Holthedalfonna Crediti: Marco Barretta, RiSE

14 Febbraio 2024

Lo scioglimento causato dal riscaldamento globale sta deteriorando rapidamente il segnale climatico contenuto nei ghiacciai delle isole Svalbard. Questo è quanto scoperto da un gruppo di ricerca internazionale coordinato da CNR-ISP e dall’Università Ca’ Foscari Venezia. La ricerca è stata pubblicata sulla rivista The Cryosphere.
Comunicato stampa CNR
Andrea Spolaor (CNR-ISP)  

DOI:/10.5194/tc-18-307-2024  Immagine - (Attività di campionamento sul sito di studio dell'Holthedalfonna Crediti: Marco Barretta, RiSE)

Attività di campionamento di neve a Ny-Ålesund, Isole Svalbard (Crediti: F. Scoto, Cnr - Unive)

21 Dicembre 2023

Ritrovate tracce di creme solari al Polo Nord, sui ghiacciai dell’arcipelago delle Svalbard. Si depositano soprattutto in inverno, quando sull’Artico cala la notte. A misurarne la concentrazione e spiegarne l’origine è uno studio condotto da ricercatrici e ricercatori dell’Università Ca’ Foscari Venezia e dell’Istituto di scienze polari del Consiglio nazionale delle ricerche (CNR-ISP), in collaborazione con l’Università delle Svalbard. I risultati sono pubblicati sulla rivista scientifica Science of the Total Environment.
Comunicato stampa CNR 

DOI: 10.1016/j.scitotenv.2023.168401  - Andrea Spolaor (CNR-ISP)

Immagine - (Attività di campionamento di neve a Ny-Ålesund, Isole Svalbard - Crediti: F.Scoto, CNR - Unive)

Ricostruzione della CO2 atmosferica negli ultimi 66 milioni di anni

11 Dicembre 2023

Un recente studio internazionale, che ha coinvolto l'Italia attraverso l'Istituto di Scienze Polari del CNR, e pubblicato su Science, ha ricostruito le fluttuazioni della CO2 atmosferica nell'arco degli ultimi 66 milioni di anni. In questo progetto durato sette anni, i ricercatori hanno analizzato vari record geologici, selezionando i dati più attendibili, stimando le incertezze e affinando i modelli cronologici. I risultati dello studio indicano una chiara relazione tra i livelli di CO2 e l’aumento della temperatura media globale terrestre. Si è scoperto che un raddoppio della CO2 atmosferica potrebbe innalzare la temperatura media del pianeta di 5-8 °C, un incremento notevolmente superiore a quanto previsto in precedenza e che il livello attuale di CO2 nell’atmosfera, pari a 420 ppm e principalmente causato dall’azione dell’uomo, non è stato mai raggiunto negli ultimi 14 milioni di anni. Approfondimento - DOI: 10.1126/science.adi5177  - Paolo Montagna (CNR-ISP) Immagine - (Ricostruzione della CO2 atmosferica negli ultimi 66 milioni di anni, ottenuta dall'analisi delle carote di ghiaccio, dei suoli antichi e dei sedimenti oceanici - Credits: Science)

Laboratorio Piramide con neve (Mt Everest, Nepal). Crediti: Franco Salerno, CNR-ISP

5 Dicembre 2023

Un team di ricerca internazionale guidato dall’Istituto di Scienze Polari (CNR-ISP) e dall’Istituto di ricerca sulle acque (CNR-IRSA) ha scoperto un fenomeno sorprendente: l'aumento delle temperature globali ha portato i ghiacciai dell'Himalaya a raffreddare sempre più l'aria a contatto con la superficie ghiacciata, mitigando a livello locale le temperature. Lo studio, realizzato in collaborazione con l'Institute of Science and Technology Austria, è stato appena pubblicato su Nature Geoscience e spiega come tale raffreddamento, riscontrato in tutta la catena himalayana, potrebbe preservare il permafrost e gli ecosistemi d’alta quota.
Comunicato stampa CNR - DOI: /10.1038/s41561-023-01331-y  - Andrea Salerno (CNR-ISP)

Immagine - (Laboratorio Piramide con neve - Mt Everest, Nepal. Crediti: Franco Salerno, CNR-ISP)

Frozen grounds permafrost in the Arctic

30 Novembre 2023

Un nuovo atlante di tutto il permafrost presente nella zona artica, sopra e sotto il livello del mare. È il risultato del progetto Nunataryuk, finanziato dall’UE, al quale partecipano 26 istituzioni provenienti da 14 nazioni diverse. Coordinato dall’Alfred Wegener Institute (AWI), vede un contributo rilevante dell’Istituto di scienze polari del CNR per quanto riguarda l’analisi dei contaminanti organici presenti in ambiente artico.
Nell’area artica il disgelo è quattro volte superiore a quello che avviene in altre aree del Mondo. Il permafrost ospita anche contaminanti e agenti patogeni congelati che possono essere rilasciati con l'aumento delle temperature, presentando potenziali rischi per la salute degli abitanti della regione, e più in generale di tutti gli organismi viventi dell’area. Le temperature più alte stanno lasciando il segno, con il disgelo del permafrost che causa l’erosione delle coste, l’alterazione degli ecosistemi, danni alle infrastrutture e un impatto sulla vita e sui mezzi di sussistenza della popolazione residente, spiega Carlo Barbante, direttore del CNR-ISP.
Nota stampa CNR

Immagine - (Frozen grounds permafrost in the Arctic)

31 Luglio 2023

Paolo Montagna del CNR-ISP racconta, insieme ai colleghi australiani Julie Trotter e Malcolm McCulloch, come i segnali geochimici dei coralli vengono tradotti in informazioni ambientali per la ricostruzione del clima del passato. E' un piccolo viaggio rivolto soprattutto agli studenti per capire l'importanza dell'Oceano Meridionale nel modificare il clima globale e per scoprire i segreti dei proxy geochimici.

How does a marine geochemist work? Paolo Montagna of the CNR-ISP and Julie Trotter and Malcolm McCulloch from the University of Western Australia tell how the geochemical signals of the corals are converted into environmental information for past climate reconstructions. It is a small trip especially for students to understand the importance of the Southern Ocean in modulating the global climate and to discover the secrets of geochemical proxies.

This article was produced by Futurum Careers, a free online resource and magazine aimed at encouraging 14-19-year-olds worldwide to pursue careers in science, tech, engineering, maths, medicine (STEM) and social sciences, humanities and the arts for people and the economy (SHAPE). For more information, teaching resources, and course and career guides, see www.futurumcareers.com

Veduta sul campo remoto del progetto EastGRIP - Groenlandia -  © Helle Kjær - East Greenland Ice-core Project

12 Maggio 2023

Il mercurio, inquinante globale estremamente tossico per salute e ambiente, è al centro di un nuovo studio a guida italiana appena pubblicato sulla rivista scientifica Nature Geoscience. Condotto dall’Università Ca’ Foscari Venezia, in collaborazione con il CNR-ISP e altri partner internazionali, l'articolo mostra come i livelli di mercurio in Artico siano fortemente influenzati dal cambiamento climatico. I ricercatori hanno osservato, analizzando una carota estratta in Groenlandia nel contesto del progetto EastGRIP (East GReenland Ice core Project), la dinamica del mercurio tra 9.000 e 16.000 anni fa, durante la transizione tra l’ultimo periodo glaciale e l’attuale periodo climatico, l’Olocene. Secondo il lavoro, la fusione del ghiaccio marino a seguito dell’aumento di temperature durante l’ultima transizione glaciale-interglaciale ha causato un rilascio più elevato di mercurio in atmosfera. Inoltre, la sostituzione del ghiaccio marino pluriannuale con quello stagionale, favorisce complesse reazioni chimiche che promuovono la deposizione di questo elemento nelle regioni polari.  Comunicato stampa CNR  - DOI:10.1038/s41561-023-01172-9  - Andrea Spolaor (CNR-ISP)

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