La caratterizzazione del mercurio ad alta quota nelle alpi italiane

11 Febbraio 2022

Un nuovo studio, pubblicato su Atmospheric Environment, indaga il comportamento del mercurio atmosferico rilevato nell’arco di un anno di raccolta dati presso la stazione di Col Margherita (Belluno).
La ricerca, in collaborazione con Ca’ Foscari e CNR-ISAC, fornirà informazioni preziose relative al ciclo del mercurio (Hg) presente nell’ambiente, soprattutto in ambienti di alta montagna, che risultano essere ottimi scenari per lo studio del mercurio in situazioni non contaminate dall’impronta umana.

Il mercurio e i risultati della ricerca
Il monitoraggio del mercurio (Hg) atmosferico è fondamentale per lo studio dell’inquinamento ambientale e dei cambiamenti climatici, soprattutto nelle aree di alta montagna come Col Margherita, che non risentono dell’impronta delle attività umane. Le analisi del mercurio su periodi lunghi e su aree montane sono cruciali per comprendere meglio gli effetti del ciclo del mercurio e che i cambiamenti climatici possono avere sulla sua variabilità. Il mercurio misurato in atmosfera, assieme ad altri dati ambientali, è importante per misurare il suo impatto nelle aree remote.
ColMargherita mercurio Marco Casula CNR ISP 2021 1616x1080 pPer studiarne il comportamento e la variabilità, sono stati raccolti e analizzati dati sul mercurio per circa un anno, da marzo 2018 a maggio 2019, sulla stazione di Col Margherita. I risultati sono stati inaspettati: il comportamento del mercurio in atmosfera rispetta un certo trend, che si ripete nel tempo. Se si considera la variabilità nell’arco delle 24 ore, il mercurio raggiunge un picco massimo nelle ore serali e il picco minimo nelle ore della mattinata. Lo studio ha anche indagato la variabilità del mercurio nell’arco delle stagioni: secondo i dati raccolti, il mercurio raggiunge il suo massimo in atmosfera nei mesi estivi (giugno-agosto) e il picco minimo nei mesi invernali (novembre-febbraio).
Per spiegare questi comportamenti, è necessario considerare anche altri aspetti meteorologici della zona di Col Margherita: i venti, le ore di luce o di buio, le temperature e la presenza di ozono, che contribuiscono a influenzare la variabilità del mercurio. Lo studio ha restituito una corrispondenza tra il picco stagionale estivo e la presenza di correnti d’aria, in primavera e estate, provenienti dall’Est Europa continentale e dal Mediterraneo che trasportano aria inquinata.
Un altro contributo di cui tener conto è quello del cosiddetto planetary boundary layer, ovvero uno strato di aria calda che forma una sorta di coperta isolante vicina al terreno. Questo strato d’aria calda, in inverno, trattiene al di sotto dell’altitudine di Col Margherita inquinanti di varia natura, come i fumi di scarico, i fumi delle industrie e altre produzioni. In estate invece, le temperature più calde fanno alzare il livello dello strato limite planetario al di sopra di Col Margherita: è così che una parte dell’inquinamento proveniente dalle attività umane che circondano la zona del bellunese raggiunge la stazione in alta montagna. Inoltre, nello studio è stato considerato anche il processo di re-immissione in atmosfera del mercurio depositato nella neve durante la stagione invernale e che viene rimbalzato nell’aria dall’effetto del sole. Il calore che riscalda la superficie nevosa re-immette in atmosfera il mercurio allo stato gassoso: un ulteriore elemento che lo strumento di Col Margherita ha rilevato.

ColMargherita mercurio Warren Cairns CNR ISP 2021 1600x1200 pPerchè si studia il mercurio?
Lo studio del mercurio è una parte fondamentale non solo per le scienze ambientali, ma anche per la salute. Il mercurio è infatti un inquinante pericoloso, che in concentrazioni molto alte può causare seri problemi per la salute animale e umana. Infatti, sebbene il mercurio sia un elemento naturalmente presente, le attività umane industriali e chimiche producono quantità di mercurio importanti, che si riflettono nell’ambiente. La preoccupazione per l’inquinamento da mercurio è sottolineata anche dalla Convenzione di Minamata promossa dall’UNEP ed entrata in vigore nel 2017, ratificata da ben 125 Paesi nel mondo. La storia della Convenzione che limita e regola l’uso del mercurio, è legata ad un evento drammatico per la cittadina giapponese di Minamata, che sperimentò sui suoi abitanti gli effetti della contaminazione da mercurio. Negli anni Cinquanta, infatti, a Minamata si fece strada una strana malattia (Malattia di Minamata) che colpiva il sistema neurologico: difficoltà ad articolare le parole, perdita della sensibilità degli arti, indebolimento muscolare. Dopo anni di indagini e ricerche scientifiche, il colpevole fu chiaro: il mercurio. Più precisamente, il mercurio disperso nelle acque della baia di Minamata, e arrivato agli abitanti tramite il pesce contaminato, la principale fonte di cibo della zona. L’azienda chimica Chisso per anni aveva liberato nell'acqua del mare il mercurio le acque reflue della produzione di composti chimici, che contenevano mercurio nella forma chimica di metilmercurio. Dopo la ratifica della Convenzione di Minamata, in Italia si sono compiuti molti passi avanti nella limitazione del mercurio, anche se attività come la combustione di carbone e petrolio, i processi nelle industrie chimiche e della produzione di ferro e acciaio, l’incenerimento dei rifiuti e la produzione di cemento continuano ad avere un impatto importante nell’ambiente.

DOI:10.1016/j.atmosenv.2021.118917 - Characterization of atmospheric total gaseous mercury at a remote high-elevation site (Col Margherita Observatory, 2543 m a.s.l.) in the Italian Alps - (Massimiliano Vardè e Warren Cairns, CNR-ISP)

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